Si è materializzato con la divisa ufficiale della Juventus, Maruzio Sarri, nel giorno della sua presentazione ufficiale alla stampa.
Nella giornata di ieri l'ex tecnico di Napoli e Chelsea è arrivato a Torino e oggi la sua prima uscita pubblica per parlare della sua nuova esperienza.
Insieme con il ds bianconero, Fabio Paratici, comincia così il Sarry day.
Le sensazioni sulla chiamata della Juve.
"Forti. Non per il quando, ma per il come. Una società determinatissima, non ho mai visto una società così determinata a prendere un allenatore in 30 anni di panchina. Questo mi ha convinto, vedere una dirigenza così compatta ad andare verso un allenatore. L'atteggiamento di questi dirigenti, accompagnato dal nome che si portavano dietro, di determinazione e compattezza."
Sulla trattativa.
"Io ho fatto 30 anni di trattative con le società e penso di aver affinato una sensibilità su quello che ti trasmettono i dirigenti e mi rendo conto di quando davanti a me c'è una persona di grande livello di convinzione e determinazione. Non c'è una frase, ma l'atteggiamento, la disponibilità, la convinzione con cui vengono a cercarti, fare un sacrificio per venire a parlarti. Questo ti trasmette la loro volontà di volerti come allenatore. O io mi sto rincoglionendo o loro sono stati capaci di darmi questa sensazione".
Sulla scelta bianconera.
"Bisogna avere le idee chiare sul percorso. Io tre anni fa arrivo al Napoli e do tutto me stesso. Sono andato a Napoli perché da bambino ero tifoso del Napoli e perché a un certo punto ho la sensazione che a livello nazionale possiamo diventare competitivi. Questo mi porta a dare tutto dal punto di vista professionale e morale. Negli ultimi mesi a Napoli ho un dubbio tra l'affetto che provavo e la parte più logica di me stesso che pensava il ciclo fosse finito. La società poi mi ha tolto il dubbio con Ancelotti, ma per colpa mia perché il dubbio era mio. A quel punto ho offerte da società italiane importanti, ma io preferisco andare all'estero per non passare direttamente dal Napoli a un'altra società italiana. Faccio un'esperienza bellissima perché la Premier è un'esperienza bellissima, ma nella seconda parte di questa esperienza sento il bisogno di tornare in Italia e questa possibilità mi è offerta dalla Juventus, la società più importante d'ITalia. Penso sia il coronamento di una carriera lunghissima, penso di aver rispettato tutti, e alla fine dovevo rispettare il mio percorso".
Sulla nuova strada da intraprendere.
"Penso abbiamo davanti un percorso lungo. Parlavamo prima con il presidente a livello di strutture e organizzazione e penso che il nostro sarà un percorso un po' lungo. Le strutture devono essere la partenza, poi cambiare l'atmosfera dentro gli stadi, in Inghilterra ti giri e la panchina è circondata da bambini. Il clima è diverso. Ci vorrà un percorso, si deve partire dalle strutture, ma penso che in campo e a livello tattico abbiamo un po' di vantaggio".
Sul gioco.
"Qui fatica a decollare rispetto a loro perché lì il risultato è un po' meno importante e rischiano di più. Io sono contento per il fermento che vedo in A perché c'è un bel movimento di allenatori. Conte, Giampaolo, che ritengo uno dei giovani più interessanti finalmente in una grande panchina, Fonseca, Ancelotti, un ragazzo che stimo tanto come De Zerbi. Mi sembra ci siano i presupposti per vedere qualcosa di bello".
Sulle aspettative.
"Mi aspetto di alzarmi la mattina e studiare il modo di vincere le partite. Perché non è dovuto. Se in una società innesca nei giocatori il meccanismo che il risultato è dovuto è una sconfitta certa. La Juventus in Italia ha l'obbligo di mettersi sulle spalle il fardello della favorita, poi se entriamo in un discorso di Champions è chiaro che la Juventus ha l'obbligo di partire con l'obiettivo di vincere, ma con la consapevolezza che a livello europeo ci sono squadre che hanno la stessa forza. Le responsabilità secondo me sono più forti a livello italiano che non europeo. A livello europeo è un sogno, un obiettivo da perseguire in ogni modo, ma con un coefficiente di difficoltà mostruoso".
Sul modulo.
Non si parte dal modulo. Si deve capire quali giocatori sono adatti, conoscerli, parlarci e intorno ai giocatori più qualitativi costruire intorno il modulo. Ho fatto il 4-3-3, il 4-2-3-1, il 4-3-2-1. Al Chelsea avevo un 4-3-3 diverso da quello del Napoli, dovevo accompagnare le caratteristiche di Hazard. Parliamo dai giocatori che possono fare la differenza, accompagnamoli e cerchiamo di sfruttarli al meglio. Il modulo sarà una conseguenza.
Sulla coabitazione Dybala-CR7.
"Io penso che chi ha le qualità di Dybala o Cristiano può giocare in ogni ruolo. Cambiano le caratteristiche e la squadra si deve adattare alle loro caratteristiche. Io per quanto riguarda il vincere posso dire poco, perché ho vinto poco, o almeno in categorie più basse. Penso che l'obiettivo di diveritrsi in campo non sia antitetico a quello di vincere. Se una squadra in campo si diverte e diverte il pubblico acquista quell'entusiasmo collettivo che spesso è benzina per andare a fare il risultato".