La Turchia è diventata un caso, che potrebbe benissimo leggersi anche caos: la nazionale del paese, nelle ultime gare di qualificazione ai prossimi Europei, ha espresso la propria vicinanza politica ad Erdogan, autore di azioni barbariche nei confronti della popolazione curda nell’ultimo periodo e saldo paladino di un sistema populista e dittatoriale.
I giocatori turchi, dopo ogni rete segnata, hanno esultato uno accanto all’altro con il saluto militare, mostrandosi solidali all’attuale piano adottato dal proprio Presidente. Ma la domanda sorge spontanea: un gesto derivato da ordini giunti dall’alto o mera condivisione dei crudeli ideali del politico e consenso nei confronti della sua condotta? Difficile a dirsi anche se esempi passati di dittature che hanno imposto comportamenti del genere ce ne sono (vedi periodo nazi-fascista e le nazionali italiana e tedesca), ma dai loro volti non emerge una costrizione forzata, bensì un atto voluto. Lo stesso Demiral, difensore della Juve, ha espresso il suo apporggio ad Erdogan pubblicamente.
Ora sui social, e non solo, è partita una campagna per non far giocare la finale di Champions ad Istanbul, seppur gli accordi siano questi: a tal proposito è intervenuto il vice-presidente della UEFA Michele Uva, dicendo che l’organo di controllo del calcio europeo non può sostituirsi alle Istituzioni mondiali, ma farà la sua parte.
Intanto il St Pauli, club che milita nella seconda divisione tedesca, ha rescisso il contratto di Sahin, dopo che il calciatore turco aveva pubblicato sui propri profili social un post pro-Erdogan. Visualizza questo post su Instagram
Un post condiviso da Cenk Tosun (@cenktosun14) in data: 11 Ott 2019 alle ore 3:06 PDTVisualizza questo post su Instagram
Un post condiviso da UMUT MERAŞ (@umutmeras) in data: 11 Ott 2019 alle ore 3:27 PDTVisualizza questo post su Instagram
Un post condiviso da @ millitakimlar in data: 11 Ott 2019 alle ore 3:25 PDT