Per un calciatore, o più in generale per un atleta, il momento più complicato è quello in cui si decide di dedicarsi ad altro dopo anni spesi a raggiungere obiettivi sportivi. Attimi di riflessione che portano a una scelta che mai poteva sembrare così difficile. E quel momento è giunto anche per Emanuele Giaccherini, che da oggi (giorno in cui scade il suo contratto con il Chievo) è libero di guardare verso nuovi orizzonti. Simbolo di sacrificio, sudore e fatica, il versatile centrocampista aretino ha scalato la piramide calcistica, guadagnandosi, con merito, chiamate importanti, come quelle della Juventus e della Nazionale azzurra, con cui ha disputato da protagonista gli Europei del 2016.
“Non è il lieto fine che sognavo. Chievo, volevo ridarti la Serie A”
Giaccherini, dunque, dà l’addio al calcio giocato. E lascia un’eredità importante fatta di stima rivoltagli dall’Italia intera per le gesta compiute da un ragazzo di provincia, arrivato fino all’Olimpo del mondo del pallone. “Mi restano i ricordi. E qualche sospiro – dichiara Giaccherini nell’intervista esclusiva rilasciata al quotidiano locale L’Arena – Ma ho deciso di voltare pagina. Inizierò un nuovo percorso di vita. Potrei cominciare un corso da allenatore. Potrei anche pensare di fare il commentatore televisivo”.
Tanti i traguardi raggiunti con la tenacia che l’ha sempre contraddistinto, anche se è certo che l’ex tuttofare di Bologna e Sunderland sognasse un epilogo migliore: “Avrei voluto riportare il Chievo in serie A – continua Giak – Sarebbe stato il finale più bello. La chiusura che sognavo e per la quale ho lottato tanto. Chievo è stato il mio ultimo viaggio. Purtroppo, però, gli infortuni mi hanno limitato, le cose non sono andate come mi aspettavo. E non ci sarà il lieto fine che avevo immaginato. Sicuramente non dimentico quello che è stato. E non dimentico il Chievo. E a chi mi chiamerà da Verona chiederò sempre: come sta il Chievo?“.
“Italia di rara bellezza. Il goal al Belgio? Il momento più alto della carriera”
Alla vigilia dei quarti di finale di Euro 2020 in cui l’Italia affronterà il Belgio, Giaccherini non poteva non ricordare la prodezza con cui freddò Courtois nel 2016 sul lancio calibrato di Bonucci: “L’Italia è di rara bellezza. Gli azzurri ci fanno emozionare. Il gol contro il Belgio di cinque anni fa mi è rimasto tra la testa e il cuore. Lì ho toccato il momento più alto della mia carriera. Quando è partito il lancio di Bonucci, già avevo capito che la palla mi sarebbe arrivata sui piedi. E poi,il controllo, la decisione presa in una frazione di secondo, il pallone che entra: rimane un ricordo indelebile.”
Giaccherini dà l’addio al calcio, ma mostra solamente orgoglio nel ripercorre le tappe che hanno segnato la sua crescita e la sua maturazione: “Nessuna nostalgia, solo orgoglio. Io ho fatto la gavetta vera. Sono partito dal basso, non ho saltato scalini. Vedere realizzato anche il sogno di segnare all’Europeo con la maglia azzurra mi ha fatto sentire realizzato. Nel calciare quel pallone ho messo tutto me stesso. L’Italia di Mancini mi piace per come gioca. Giovane, fresca, di mentalità. Mi auguro che la spensieratezza che li accompagna possa permettere loro di arrivare fino in fondo e sollevare il trofeo.”
Tra le mille difficoltà riscontrate nella stagione da poco conclusa e l’impossibilità di garantire ancora una buona condizione fisica, Giaccherini ha optato per questa scelta. Dolorosa, straziante, tuttavia inevitabile. Gli amanti del calcio operaio perdono un perno di questa categoria, ma con la speranza di rivederlo in altre vesti. Chissà, magari, in futuro, alla guida di qualche club desideroso di scrivere pagine di storia romantica.