È decisamente buona la prima per miester Simone Banchieri sulla panchina del Messina. Il tecnico torinese è subito entrato in clima campionato e, dopo un breve colloquio e confronto con la squadra nel ritiro di Montalto Uffugo nella giornata di venerdì, ha subito tastato il materiale umano a disposizione nello scontro salvezza del «Pinto» di Caserta, valevole per la quinta giornata di ritorno del girone C di Serie C.
Un pari con la Casertana (1 a 1 il punteggio finale) che lascia anche un pizzico di rammarico per i due legni colpiti ma che, ci può, stare anche in considerazione delle parate del portiere dei siciliani Krapikas.
«Abbiamo saputo attaccare e soffrire da squadra, con l’atteggiamento giusto – ha detto l’ex trainer della Vis Pesaro in sala stampa -. I ragazzi hanno dato il 150 per cento. Abbiamo offerto un’ottima prestazione. Ovviamente ci dispiace non avere vinto, era l’obiettivo con cui ci eravamo presentati a Caserta. I ragazzi ci hanno provato in tutti i modi fino al novantacinquesimo contro una squadra forte, che ha avuto le sue occasioni. Il nostro portiere è stato bravissimo come il loro su De Sena, che avrebbe potuto cambiare la partita. Sono stati bravi tutti, da Carmine a Marcel, da Davide a Marco. Si è creato molto e si è tirato molto in porta. Non so quante partite finiscono 1-1 con due legni su cui il loro portiere non sarebbe potuto intervenire».
Banchieri ha fatto anche un passo indietro parlando del suo accordo con il club biancoscudato.
«Sono felicissimo di avere avuto questa opportunità da parte della società, che mi ha accolto benissimo, e del direttore sportivo Domenico Roma. In queste 48 ore ho detto che si può anche giocare male, sbagliare passaggi o altro ma non l’atteggiamento e lo spirito e non hanno mollato mezza palla. Quando si prova in tutti i modi a vincere poi non si deve perdere, perché c’era il rischio che accadesse. Per i nostri tifosi, che sono venuti a seguirci e rappresentano una piazza davvero importante, dobbiamo sputare il sangue in campo per una tifoseria. Dobbiamo sudare la maglia e andare forte. Ora torniamo a lavorare fino a che non siamo salvi: dobbiamo tenere la testa sotto in apnea, non c’è altra strada».