Pellissier non ce l’avrebbe mai fatta a vedere il Chievo scomparire, così ha deciso di fondare un nuova società: la FC Chievo 1929. Per dovere di cronaca, è opportuno sottolineare che dopo le note vicende giuridiche l’A.C. Chievoverona, presieduto dal 1992 da Luca Campedelli, non è ancora stato dichiarato fallito. Motivo per cui era necessario creare un club ex novo con una denominazione inedita per continuare a vedere il nome Chievo all’interno del panorama calcistico italiano. L’ex capitano dei fasti gialloblù ha già fatto il primo passo, ovvero l’affiliazione alla FIGC, mentre è in attesa dell’iscrizione alla Terza Categoria veronese. Tuttavia, ci sono ancora tante faccende da sbrigare, da un solido assetto societario a finanziatori disposti a credere nel progetto, fino al campo da gioco, senza dimenticare la formazione dell’organico.
“Poco tempo: impossibile iscriversi alla Serie D”
“Ho provato in tutti i modi a ricominciare dalla Serie D – ha dichiarato in questi giorni Pellissier – ma ho avuto pochissimo tempo per i problemi della società, che hanno posticipato sempre più in là lo scenario per una ripartenza. Quando tutto si è materializzato, in meno di due settimane avrei dovuto reperire 550mila euro, e scovare a Ferragosto persone che volessero investire nel Chievo non era facile. […] Se ci dovessero far svolgere solo attività giovanile, pazienza. Dopo si potrà pensare magari di fondersi con qualche altro club per puntare più in alto, ma ora questi discorsi contano poco: l’importante era ritrovare il Chievo affiliato alla FIGC“.
” Per la Serie D avevo poco più di una settimana per offrire garanzie e raccogliere i fondi necessari. Con me ci sarà Enzo Zanin, 35 anni in gialloblù prima da portiere e poi da dirigente. Non faccio altri nomi per non dimenticare qualcuno. La questione ha toccato un po’ tutti, anche vecchi compagni di squadra che si sono fatti avanti per dare il loro contributo. Altri però si sono preoccupati della reputazione: io non ho problemi a fare brutte figure. E non ce la facevo a vedere il nome del Chievo fuori dal calcio”.
“Voglio ricreare una società sana come una volta”
“Serviranno ragazzi che scelgano noi – continua l’ex attaccante valdostano – e siano pronti a farlo all’ultimo secondo: a settembre i campionati ricominciano. Il mio obiettivo è quello di ricreare dal niente una società sana e onesta, diversa dalle altre. Com’era una volta. Il mio Chievo non potrà rischiare di fallire, non iscriversi al campionato e scomparire. Guai a fare il passo più lungo della gamba. Meglio retrocedere sul campo”.
Secondo l’amato numero 31 l’inizio della fine coincide con “l’addio di Giovanni Sartori da direttore sportivo”. Perché dietro ai miracoli c’è spesso un genio: a lui si deve la scalata fino alla Serie A, le intuizioni di mercato, quali Corini, Perrotta, Amauri. Poi, dopo oltre vent’anni, nel 2014 si dimette dal Chievo e viene ingaggiato dall’Atalanta. Che non sia crollato tutto subito è fisiologico: il patrimonio tecnico dura e prosegue per un certo periodo. Ma è stata la fine di un ciclo, avremmo dovuto sentire puzza di bruciato già allora”.
Con Campedelli ferita insanabile
“È dura da digerire una fine del genere, non c’è dubbio – dice ripercorrendo le tappe che hanno trascinato il Chievo nel baratro. “Lui (Campedelli, ndr) ha ragione a dire che la Figc è intervenuta su dinamiche trascinate nel tempo. E che a partire dai grandi club quasi nessuno ha i conti in ordine. Però ci sono anche società sane, capaci ogni anno di superarsi: il nuovo Chievo è il Cittadella”.
“Con Campedelli non sono in buoni rapporti – ha raccontato in un’intervista rilasciata a Il Mattino – Ha causato tanto dolore a troppe persone, io sono andato via perché non avevamo le stesse idee. Le cose non le faccio per ricevere i complimenti, ma per passione. Non lo faccio neppure per i soldi, anzi ne ho rimessi così tanti negli ultimi anni proprio al Chievo da aver perso il conto e se Campedelli raccontasse davvero cos’è successo non passerebbe per vittima ma per carnefice“.